11Novembre2016

Etichettatura nutrizionale, recepimento regolamento europeo

Etichetta nutrizionale
Come detto, il prossimo 13 dicembre 2016 entrerà in vigore l'obbligo della dichiarazione nutrizionale di cui all'art.9, paragrafo 1, lettera l) del regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (regolamento "FIC").
L'indicazione della dichiarazione nutrizionale deve comparire sull'etichetta dei prodotti preimballati secondo un preciso formato ai sensi dell'art.34 del FIC e deve contenere (cfr. art. 30 del Reg FIC):
• il valore energetico;
• la quantità di grassi;
• di acidi grassi saturi;
• di carboidrati;
• di zuccheri;
• di proteine;
• di sale.
Il valore energetico deve essere espresso per 100 grammi di prodotto (o per 100 ml ) ai sensi dell'art.32 e deve essere calcolato come prescritto dall'art.31 del regolamento. È prevista la possibilità di utilizzare altre forme di espressione del valore energetico  (per porzione e/o per unità di consumo), oltre alle forme sopra riportate, che devono essere indicate immediatamente accanto alla dichiarazione nutrizionale, ai sensi dell'art.33 del FIC.
Possono essere aggiunte ulteriori informazioni indicate nell'art.30 del FIC. Tali informazioni volontarie non devono indurre in errore il consumatore, non devono essere ambigue o confuse e devono essere basate su dati scientifici quando necessario; inoltre le informazioni volontarie non possono occupare lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie (artt.36 e 37 del FIC).
Ai sensi dell'art.54 del FIC  gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima del 13 dicembre 2016 che non soddisfano il requisito della dichiarazione nutrizionale possono essere commercializzati fino ad esaurimento scorte.

Le deroghe all'obbligo dell'etichetta nutrizionale
La dichiarazione nutrizionale non è obbligatoria per gli alimenti elencati nell'allegato V del Reg FIC (cfr. art. 16).
Il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero della Salute stanno lavorando ad una circolare esplicativa della deroga di tale obbligo per il punto 19 dell'allegato V che, si ricorda, esclude dall'obbligo della dichiarazione nutrizionale gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.
Obiettivo della circolare è chiarire l'estensione della deroga dall'obbligo della dichiarazione nutrizionale relativa al punto 19 dell'allegato V, sulla base delle Linee Guida applicative del 2010 relative al Reg. 852/2004 sull'igiene dei prodotti alimentari e del Reg. 853/2004 sull'igiene per gli alimenti di origine animale.
Anche questi regolamenti infatti hanno introdotto una deroga che fu esplicitata nelle Linee Guida del 2010 che quindi costituiscono oggi un'utile traccia per cogliere la portata della deroga della dichiarazione nutrizionale.
La bozza della circolare include nella deroga:
• gli alimenti artigianali;
• gli alimenti ceduti tramite fornitura diretta (cioè senza l'intervento di intermediari, da parte del fabbricante di piccole quantità di prodotti, direttamente al consumatore o alle strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale);
• le microimprese così come definite a livello comunitario (meno di 10 dipendenti e un fatturato o bilancio annuo inferiore ai 2 milioni di euro);
• gli alimenti oggetto di vendita diretta ai consumatori a "livello locale" (cioè il territorio della provincia in cui insiste l'azienda e quello delle province contermini) da parte degli spacci aziendali;
• la vendita al dettaglio così come definita all'art.4 del D.Lgs. n.114/1998 da integrare con la definizione di "collettività" di cui all'art.2, paragrafo 2, lettera d) del regolamento (UE) n. 1169/2011.

Le sanzioni
Si evidenzia che l'obbligo della dichiarazione nutrizionale è, ad oggi, sprovvisto di specifiche sanzioni.
Il Ministero dello sviluppo economico aveva iniziato a lavorare allo schema di decreto legislativo per ridefinire il quadro sanzionatorio nazionale, ai sensi dell'art.2 della L. 96/2013, e allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) per l'adeguamento della normativa nazionale, come disposto dall'art.29 del D.Lgs. 109/1992.
Nel corso dell'iter di approvazione, tuttavia, i provvedimenti hanno risentito di ostacoli che hanno causato forti rallentamenti nei lavori e che sono alla base dell'attuale vuoto normativo.
Per fronteggiare tale situazione, in attesa del quadro sanzionatorio definitivo, il Ministero dello sviluppo economico ha diffuso la così detta "circolare ponte", datata 6 marzo 2015, in cui viene illustrata l'applicazione dell'art.18 del D.Lgs. 109/1992, in materia di sanzioni, alle violazioni delle disposizioni del FIC. L'art.18 del D.Lgs. 109/92, infatti, resterà in vigore fin quando non verrà abrogato dal quadro sanzionatorio del FIC.
Nel frattempo, al fine di assicurare continuità applicativa delle sanzioni, trattando il D.Lgs. 109/92 e il regolamento FIC la stessa materia, la circolare del Mise chiarisce il raccordo tra le disposizioni del regolamento dell'Unione e quelle del D.Lgs. 109/1992 sulla base dell'allegata tabella di concordanza.
Il Ministero, nella stessa circolare, fa notare che le sanzioni devono intendersi applicabili soltanto ai precetti confermati dal regolamento.
In molti casi, infatti, i precetti sono nuovi o modificati e, di conseguenza, perché le sanzioni in vigore siano realmente applicabili le disposizioni devono essere identiche tra loro. Secondo il principio di legalità di cui all'art.1 della Legge 689/1981, infatti, nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.
Di fatto, quindi, la violazione di molte delle disposizioni del FIC potrà essere sanzionata solo sulla base di una disciplina predisposta ad hoc e tramite un atto normativo che abbia forza di legge, per il quale al momento non siamo in grado di dare una tempistica attendibile.
Per ciò che riguarda le materie non espressamente armonizzate dal FIC, quali il lotto o i prodotti non preconfezionati, le disposizioni dell'art.18, D.Lgs. 109/92 restano applicabili alle violazioni delle disposizioni dello stesso decreto legislativo.

Il processo di “recepimento” del Regolamento 1169/2011
Si evidenzia anzitutto che, a seguito dell'approvazione dell'art.1, comma 820 della legge 280/2015 (legge di stabilità 2016) e della pubblicazione della Legge di delegazione europea del 2015 (L. 170/2016), l'adeguamento della normativa nazionale in materia di etichettatura, compreso il quadro sanzionatorio,  non sarà più attuato tramite un DPCM - su proposta dell'allora Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato di concerto con il Ministro della sanità, come previsto dall'articolo 29 del D.Lgs. 109/1992  -ma, verosimilmente, tramite un decreto legislativo su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri dello sviluppo economico, della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali, come disposto dal comma 2, dell'art.5, L. 170/2016.
Una prima novità, quindi, è lo strumento normativo che il Governo dovrà utilizzare per adeguare la normativa italiana in materia di etichettatura (un decreto legislativo), la seconda novità è il coinvolgimento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in materia di etichettatura.
La delega al Governo riguarda:
• l'indicazione obbligatoria nell'etichetta della sede e dell'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento
• l'adeguamento del sistema sanzionatorio nazionale per le violazioni amministrative delle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 1169/2011 ai relativi atti di esecuzione e alle disposizioni nazionali.
Secondo la riforma del Governo del 1999 , il Mipaaf ha solo alcune competenze funzionali, che riguardano la tutela e la qualità dei prodotti agricoli mentre il Ministero dello sviluppo economico è competente in materia di etichettatura.
Di fatto, quindi, con la delega della L. 170/2016 è stato creato un nuovo assetto dei soggetti interessati come protagonisti anticipando forse la futura creazione di un ministero dell'agroalimentare annunciato ormai qualche mese addietro.
Questa situazione ha reso più complessa la collaborazione tra gli stessi attori già coinvolti nei lavori, e ha portato a riversare energie e tempo nella divisione dei compiti, ritardando l'elaborazione dei testi, senza considerare quanto già prodotto dal Ministero dello sviluppo economico, prima della legge di delegazione europea, in merito all' adeguamento del quadro sanzionatorio nazionale in materia di etichettatura.
Inoltre, senza considerare la specificità delle competenze dei due ministeri sopra illustrate, la L. 170/2016 affida la competenza per l'irrogazione delle sanzioni amministrative allo Stato al Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Al di là delle questioni legate all'opportunità di separare compiti e competenze, benchè sia positivo lo sforzo per raggiungere l'uniformità della applicazioni delle norme, rimane scarso il coordinamento tra i soggetti che devono verificare il rispetto della normativa in ambito alimentare.
Infatti, nella delega all' ICQRF quale autorità amministrativa competente, ai sensi del comma 3, art. 5, lett. b) della L. 170/2016, sono fatte salve le competenze spettanti ai sensi della normativa vigente all'Autorità garante della concorrenza e del mercato nonché quelle degli organi preposti all'accertamento delle violazioni.

L'indicazione della sede dello stabilimento di produzione
Per quel che riguarda l'indicazione obbligatoria nell'etichetta della sede e dell'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento sono in corso i lavori di stesura del testo del decreto legislativo.
Il testo del decreto legislativo in corso di elaborazione dovrebbe prevedere l'obbligo dell' indicazione della sede dello stabilimento di produzione o se diverso di confezionamento per i prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività.
L'indicazione dovrà essere indicata sul preimballaggio o su un' etichetta ad esso apposta. Potrà comparire sul documento commerciale nel caso di alimenti preimballati commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore finale quando questa non includa la vendita ad una collettività e nel caso l'alimento preimballato sia destinato a collettività per esservi preparato, trasformato, frazionato o tagliato.
L'indicazione potrà essere apposta in etichetta completando l' indicazione del nome/ragione sociale e indirizzo dell'operatore del settore alimentare, di cui alla lettera h comma 1 art.9 del FIC, in modo da non confondere le due indicazioni.
L'indicazione consiste nell'indirizzo o in un' indicazione che ne permetta l'identificazione geografica, può essere sostituita da sistemi di identificazione dei prodotti tramite codici o altri dispositivi soggetti a lettura ottica.
Dovrebbe essere prevista la possibilità di omettere questa indicazione nel caso in cui:
• lo stabilimento sia ubicato nello stesso luogo della sede di cui alla lettera h comma 1 art.9 del FIC
• i prodotti preimballati riportino il marchio di identificazione di cui al reg. 853/2004
• gli alimenti preimballati siano destinati agli operatori professionali per essere ulteriormente lavorati.
Nel caso l'impresa disponesse di più stabilimenti potrà riportare in etichetta tutti gli stabilimenti purché evidenzi quello effettivo.
Le modalità di presentazione dell'indicazione della sede dello stabilimento dovranno essere quelle prescritte dall'art.13 del FIC e relativa deroghe.
La bozza di decreto legislativo prevede sanzioni di tre importi diversi a seconda della fattispecie: mancata indicazione obbligatoria, mancata evidenza dello stabilimento effettivo e errata modalità della presentazione dell'indicazione obbligatoria.
L'ICQRF è designato quale autorità competente all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, ferme le competenze spettanti agli organi cui spetta l'accertamento delle violazioni.
Le disposizioni del decreto in via di definizione non si applicheranno ai prodotti alimentari preimballati provenienti da un altro Stato Membro dell'UE o in Turchia né ai prodotti provenienti da uno Stato Membro dell'EFTA (Associazione europea di libero scambio), parte contraente dell' SEE (Spazio economico europeo).
Il decreto legislativo si applicherà a partire dal dodicesimo mese successivo alla pubblicazione.
Il Ministero dello sviluppo economico, nell'esprimere parere favorevole sullo schema di decreto legislativo inviato dal Mipaaf, ha rappresentato la necessità che prima di avviare l'iter di adozione del decreto in questione venga definitivamente adottato il decreto legislativo che dispone le sanzioni per le violazioni del FIC.

Allergeni
Ripercorrendo la normativa in materia di etichettatura, oltre all'obbligo della dichiarazione nutrizionale a partire dal 13 dicembre prossimo ed ai lavori per l'indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, evidenziamo che il 6 febbraio 2015 il Ministero della salute ha divulgato una circolare relativa alle "indicazioni sulla presenza di allergeni negli alimenti forniti dalle collettività (Regolamento CE 1169/2011)", n. 0003674.
La circolare n. 0003674 è il primo atto ufficiale di un' Amministrazione in merito all'entrata in vigore degli obblighi di cui all'art. 44 del FIC, relativo alle disposizioni nazionali per gli alimenti non preimballati.
Secondo quanto prescritto dall'art.44 del FIC, sull'etichetta degli alimenti offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta deve essere indicata la presenza di allergeni (ingredienti o coadiuvanti tecnologici) elencati nell'allegato II di cui all'art.9, paragrafo 1, lett c) del FIC.
Il Ministero chiarisce che tale obbligo riguarda qualsiasi operatore che fornisce cibi pronti per il consumo all'interno di una struttura (ristoranti, mense, scuole, ecc.), attraverso un servizio di catering o per mezzo di un veicolo o di un supporto fisso o mobile.
Tali informazioni possono essere riportate o in forma scritta o a voce fermo restando l'obbligo di conservare la relativa documentazione scritta nell'esercizio.
Le informazioni relative alla presenza di allergeni devono sempre risultare da idonea documentazione scritta, facilmente reperibile sia per l'autorità competente sia per il consumatore finale. Il personale deve aver preso preventivamente visione e conoscenza della documentazione con contestuale approvazione per iscritto.
La forma scritta prevede che l'indicazione possa essere riportata su menù, su appositi registri o cartelli o ancora su altro sistema equivalente, anche tecnologico, da tenere bene in vista, così da consentire al consumatore di accedervi facilmente e liberamente.
Sono ammessi anche strumenti elettronici come  applicazioni per smartphone, codici a barre, codici QR o altri, a condizione che non siano gli unici strumenti predisposti per informare il consumatore.
Alternativamente, l'operatore del settore alimentare può indicare per iscritto, in maniera chiara ed in luogo ben visibile, una dicitura del tipo: "le informazioni circa la presenza di sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze sono disponibili rivolgendosi al personale in servizio" oppure riportare per iscritto, sul menù, sul registro o su apposito cartello, una dicitura del tipo: "per qualsiasi informazione su sostanze e allergeni è possibile consultare l'apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio".
La scelta tra le varie modalità è rimessa alla discrezionalità dell'operatore che sceglierà l'opzione più idonea. Nell'adempiere l'obbligo di cui all'art.44 paragrafo 2 del FIC, l'operatore dovrà essere libero di indicare la presenza degli allergeni per singole preparazioni, secondo le modalità che riterrà più opportune. Infine la circolare fornisce, a mero titolo di esempio, la possibilità di predisporre una tabella che riporti le quattordici categorie di allergeni di cui all'allegato II del FIC  e individui le preparazioni che le contengo.

L'indicazione sull'origine dell'ingrediente primario
Per quanto riguarda l'indicazione sull'origine dell'ingrediente primario, di cui all'art.26, paragrafo 3 del FIC, sono in corso i lavori sulla bozza di regolamento attuativo e, ad oggi, all'esame della Commissione Europea.
L'art.26 paragrafo 3 del FIC prevede che se il paese d'origine o il luogo di provenienza  di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario è indicato anche il paese d'origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario oppure è indicato come diverso da quello dell'alimento.
Non vengono considerate informazione di origine dell'alimento le seguenti indicazioni: simboli geografici, immagini, termini o dichiarazioni usati per i prodotti oggetto del regolamento 1151/2012 (DOP, IGP, STG).
Nella bozza di regolamento inviato alla Commissione è previsto che venga indicata l'origine dell'ingrediente primario con la seguente dichiarazione: con (nome dell'ingrediente primario) di diversa origine/provenienza. L'indicazione può essere riportata in modalità scritta o grafica, secondo specifiche forme di carattere e localizzazione all'interno dell'etichetta fermo restando le prescrizioni dell'art.13 comma 2 del FIC, relative alle dimensioni del carattere.
Il livello di precisione geografico dell'origine dell'ingrediente primario deve essere almeno lo stesso usato per l'origine dell'alimento (paese o paesi UE/non UE;  stato membro o paese terzo; aree geografiche dello Stato Membro o del paese terzo se bene conosciute dal consumatore normalmente informato e ragionevolmente avveduto).
Specifiche disposizioni sono previste nel caso di prodotti biologici e prodotti della pesca e dell'acquacoltura.
Il regolamento dovrebbe essere applicabile da aprile 2019 e si applica direttamente negli stati membri.
Le scorte di alimenti in commercio o etichettati prima della data di applicazione di questo regolamento possono essere smaltite fino ad esaurimento scorte.
L'obiettivo del Governo è quello di elaborare il testo definitivo entro il 2016.

L'indicazione quantitativa degli ingredienti (cd QUID)
Un altro aspetto oggetto dell'attenzione della Commissione Europea e degli Stati Membri sono le disposizioni dell'art. 22 del FIC, relativo all'indicazione quantitativa degli ingredienti (cd QUID).
L'art.22 del FIC prescrive che sia indicata la quantità di un ingrediente o categoria di ingredienti usati nella fabbricazione o preparazione di un alimento quando tale ingrediente o categoria di ingredienti:
• figura nella denominazione dell'alimento o è generalmente associato a tale denominazione dal consumatore
• è evidenziato nell'etichetta mediante parole immagini o rappresentazioni grafiche
• è essenziale per caratterizzare un alimento e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso
L'allegato VIII del FIC stabilisce alcuni casi particolari esenti da tale obbligo e le norme tecniche per l'applicazione dello stesso.
La Commissione Europea sta lavorando ad un documento di Linee Guida Generale che dovrebbe uscire entro il 2016 e ad un documento di Domande e Risposte con l'obiettivo di aiutare gli operatori della catena alimentare e le autorità competenti nella comprensione e corretta applicazione dell'art. 22 del FIC, senza costituire l'interpretazione ufficiale della normativa.

Il database sull'etichettatura
In ultimo segnaliamo che la Commissione Europea sta portando avanti i lavori per la creazione di un database on-line che indichi le norme in materia di etichettatura, sia comunitaria sia nazionale, dal nome Food Labelling Information System (o "FLIS").
L'obiettivo è quello di fornire un supporto agli operatori del settore alimentare, in particolare le PMI, nell'attuare correttamente le prescrizioni della legislazione in materia di etichettatura per ciascun tipo di prodotto (preimballato e non preimballato).
Verranno create delle liste di alimenti e per ciascun alimento saranno illustrati i requisiti dell' etichettatura, inoltre saranno aggiunti ulteriori alimenti particolarmente significativi per ciascuno Stato Membro.
Le liste saranno composte da alimenti scelti sulla base del volume dei loro scambi comunitari, della molteplicità o complessità dei requisiti di etichettatura previsti, o dei volumi di scambio realizzati dalle sole medie e piccole imprese.
Il lavoro dovrebbe concludersi nel 2017.

L'indicazione obbligatoria di origine per latte e prodotti lattiero-caseari
Lo scorso 14 ottobre è terminato il periodo di tre mesi previsto dall' art.45, comma 3 del FIC senza che la Commissione Europea abbia espresso parere negativo sul Decreto interministeriale concernente l'indicazione dell'origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattiero-caseari, dandone quindi l' assenso.
A seguire, il decreto interministeriale, elaborato dal Mipaaf e dal Mise, è stato "approvato" della Conferenza Stato Regioni del 20 Ottobre scorso.
Il decreto, prima di poter essere pubblicato, dovrà essere esaminato dalla Commissione agricoltura e dalla Commissione attività produttive di Camera e Senato.
Le disposizioni del decreto interministeriale si applicano ai prodotti preimballati ai sensi dell'art.2 del FIC ed elencati nell'allegato 1 del decreto stesso (latte, burro, formaggi, ecc).
L'indicazione d'origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero caseari deve essere indelebile, visibile e facilmente leggibile, senza che altri elementi dell'etichetta interferiscano. Tale indicazione deve essere data nella seguente forma, a seconda delle operazioni a cui si riferisce:
• "paese di mungitura": nome del paese nel quale è stato munto il latte
• "paese di condizionamento o di trasformazione": nome del paese nel quale il latte è stato condizionato o trasformato
Sarà possibile utilizzare le seguenti diciture a seconda che il latte sia stato munto, lavorato e confezionato:
• nello stesso paese:
  - "origine del latte": nome del paese in cui il latte è stato munto, condizionato o confezionato
• in più paesi membri dell' Unione Europea:
  - "latte di paesi UE" per la mungitura
  - "latte condizionato o trasformato in Paesi UE" per il condizionamento o la trasformazione
• in più paesi situati al di fuori dell' Unione Europea:
  - "latte di paesi non UE" per la mungitura
  - "latte condizionato o trasformato in Paesi non UE" per il condizionamento o la trasformazione
Le sanzioni previste per le violazioni agli obblighi dello schema di decreto sono quelle di cui all'art.4, comma 10, L. 4/2011 (da 1.600 euro a 9.500 euro).
Sono esclusi dalla disciplina del decreto in questione i prodotti Dop e Igp e gli stessi prodotti oggetto del decreto, ma fabbricati o commercializzati in un altro paese UE o in Turchia e i prodotti fabbricati in uno Stato Membro dell'EFTA (Associazione europea di libero scambio), parte contraente dell' SEE (Spazio economico europeo).
Le disposizioni del decreto interministeriale si applicheranno in via sperimentale fino al 31 marzo 2019.
I prodotti oggetto del decreto precedentemente portati e a stagionatura, commercializzati o etichettati prima dell'entrata in vigore dello stesso decreto possono essere commercializzati fino ad esaurimento scorte e comunque entro e non oltre 180 giorni dalla data di entrata in vigore.

Giurisprudenza
In ultimo si segnala la sentenza del 22 settembre scorso della Corte di Giustizia Europea che si è pronunciata in merito all'indicazione di origine sulle confezioni di miele in monoporzioni (C-113/15).
Il caso riguarda l'obbligo di menzionare il paese di origine su ciascuna delle singole porzioni di miele imballate in cartoni multipli fornite alle collettività, sia nel caso in cui siano vendute singolarmente sia nel caso in cui vengano proposte in abbinamento a piatti pronti venduti ad un prezzo forfettario.
Da tenere presente che il miele è disciplinato da una direttiva apposita, la D. 2001/110, che prevede l'obbligo di riportare in etichetta l'indicazione del paese di  origine in cui questo è stato raccolto al fine di garantire una corretta informazione al consumatore in merito alle caratteristiche geografiche di tale prodotto.
Nel caso all'attenzione della Corte, l'indicazione del luogo di origine era riportata solo sull'imballaggio globale e non sulle singole monoporzioni di miele, in quanto non ritenute singole unità di vendita dall'operatore.
L'orientamento dell'operatore che non ha ritenuto singole unità di vendita le monoporzioni di miele oggetto del caso si basava sulla direttiva 2000/13 ed era supportato anche dal documento di Domande e Risposte sull'applicazione del Reg. 1169/2011, predisposto dalla Commissione Europea, datato 31 gennaio 2013.
La direttiva 2000/13, abrogata dal regolamento FIC, intendeva per prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato: l'unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore finale ed alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall'imballaggio in cui è stato confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che l'imballaggio sia aperto o alterato.
Il documento di Domande e Risposte sull'applicazione del Reg. 1169/2011 non ha alcun valore giuridico ufficiale e quindi nessuna valore vincolante.
In caso di controversia l'interpretazione della normativa dell'Unione spetta, in ultima istanza, alla Corte la quale, sulla base della direttiva 2000/13 ritiene quanto segue: "costituisce un prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato ciascuna delle porzioni singole di miele che si presentano sotto forma di coppetta chiuse con un coperchio di alluminio sigillato e che sono imballate in confezioni multiple fornite alla collettività, qualora queste ultime vendano dette porzioni separatamente o le propongano ala consumatore finale abbinate a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario".
In merito al fatto che la direttiva del 2000/13 sia stata abrogata dal regolamento FIC la Corte ha ritenuto di non potersi pronunciare.
Il punto, quindi, è se questa interpretazione potrà essere estesa anche ad altri prodotti e come possa risultare applicabile con l'attuale disciplina sull'etichettatura.
Infatti prodotti come le bustine di zucchero o le marmellate fino ad oggi non sono considerate unità di vendita, di conseguenza sono esentate da alcune informazioni obbligatorie.

Confcommercio Brescia2024-05-05
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