13Ottobre2017

Indicazione obbligatoria sede e indirizzo stabilimento

Il D.Lgs. approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri n. 44 del 15 settembre 2017, trova la sua origine nella "legge di delegazione europea 2015" (art. 5, legge 12 agosto 2016 n. 170) e reintroduce l'obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta.

L'obbligo già sancito dalla legge italiana (art. 11 del D.Lgs. 109/1992)  è  stato abrogato in seguito al riordino della normativa europea (Reg. 1169/2011) in materia di etichettatura alimentare.

Il provvedimento in oggetto è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 17 marzo, ha acquisito il parere della Conferenza Stato regioni il 20 aprile e ha acquisito i pareri delle commissioni parlamentari.

Il testo del provvedimento, prima di essere approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri lo scorso 15 settembre, ha però subito notevoli variazioni a seguito di una iniziale valutazione negativa della Commissione europea che non condivideva la base giuridica richiamata dall'Italia per reintrodurre tale disposizione.

La versione definitiva del decreto pubblicata in Gazzetta Ufficiale richiama come base giuridica gli artt. 36 e 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che prevede che uno Stato membro, anche dopo l'adozione di misure di armonizzazione, qualora lo ritenga necessario possa mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti espressamente disciplinate dal trattato. In tal caso il trattato prevede che lo Stato debba notificare le disposizioni alla Commissione che, dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio, approverà o respingerà i provvedimenti. Tuttavia nel caso in cui la Commissione non si pronunci entro detto periodo le disposizioni nazionali vengono considerate approvate.

Di seguito, si analizza il testo del Decreto pubblicato, tralasciando le considerazioni sulla corretta base giuridica idonea a legittimare l'Italia a reintrodurre tale disposizione che sarà comunque oggetto di valutazione da parte della Commissione europea.

Il provvedimento prevede che tutti i prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività devono riportare sul preimballaggio o su un'etichetta ad esso apposta l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di  confezionamento, fermo restando quanto disposto dagli artt. 9 e 10 del regolamento (UE) n. 1169/2011.

Così formulata la disposizione non sembrerebbe lasciare margini di scelta agli operatori, che dovranno riportare l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione a meno che quella dello stabilimento di confezionamento non sia diversa: in tale caso, dovranno riportare obbligatoriamente quella dello stabilimento di confezionamento. Sul punto si precisa che il comma 1 dell'art. 3  D.Lgs. 109/1992, abrogato con il Decreto in oggetto, stabiliva invece che i prodotti potevano riportare alternativamente o l'indicazione della sede dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento.

Il D.Lgs. prevede che, per i prodotti alimentari preimballati destinati alle collettività per essere preparati, trasformati, frazionati o tagliati e per i prodotti preimballati commercializzati in una fase precedente alla vendita, tale informazione possa essere riportata sui documenti commerciali, sempre a condizione che i documenti accompagnino l'alimento cui si riferiscono o siano stati inviati prima o contemporaneamente alla consegna.

Il provvedimento stabilisce che la sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, e' identificata dalla località e dall'indirizzo dello stabilimento.Tuttavia è possibile omettere l'indirizzo della sede dello stabilimento qualora già con la sola l'indicazione della località sia possibile l'identificazione dello stabilimento.

Il decreto precisa, inoltre, che l'informazione sulla sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento, possa essere omessa anche nei seguenti casi:
a) se l'indirizzo della sede coincida con l'indirizzo dell'operatore del settore alimentare, presente in etichetta ai sensi dell'articolo 9, paragrafo l, lettera h), del regolamento  (UE) n. 1169/2011;
b) se i prodotti alimentari preimballati riportino il marchio di identificazione di cui al regolamento n. (CE) 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 o la  bollatura  sanitaria ai sensi del regolamento (CE) n. 854/2004 del  Parlamento  europeo  e del Consiglio del 29 aprile 2004;
c) se il  marchio   contenga   l'indicazione  della  sede  dello stabilimento.

In linea con quanto  veniva stabilito dal D.Lgs. n. 109/1992, l'OSA che disponga di più stabilimenti può indicare sul prodotto tutti gli stabilimenti evidenziando però quello effettivo.

Nel caso in cui manchi l'indicazione dello stabilimento o nel caso in cui l'impresa disponga di più stabilimenti e quello effettivo non sia evidenziato, l'art. 5 del decreto legislativo prevede sanzioni comprese tra 2.000 e 18.000 euro. Mentre nel caso in cui l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento venga riportata in etichetta con modalità di presentazione diverse da quelle stabilite dall'art. 13 del reg. 1169/2011 è prevista una sanzione amministrativa tra 1.000 e 8.000 euro.

Il provvedimento prevede, pertanto, sanzioni con importi maggiorati rispetto alla disciplina del D.Lgs. 109/1992, la sanzione per la mancata apposizione dell'indicazione obbligatoria era, infatti, compresa tra a 1.600 9.500 euro, mentre la violazione delle disposizioni specifiche in materia era sanzionata con una somma compresa tra 600 e 3.500 euro.

Come previsto dalla legge delega, la competenza per l'applicazione delle sanzioni viene affidata all' Ispettorato  centrale  della  tutela  della qualita'  e  repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, facendo comunque salve le competenze spettanti agli organi preposti all'accertamento delle violazioni.

Il Decreto contiene una clausola di mutuo riconoscimento che statuisce che le disposizioni non si applicano a quei prodotti alimentari preimballati in conformità alle disposizioni del reg.1169/2011, legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia o fabbricati in uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

Infine il provvedimento precisa che le disposizioni del Decreto si applicheranno a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta del 7 ottobre e che i prodotti non conformi che vengono immessi in commercio o etichettati entro il suddetto termine (in questi 180 giorni successivi alla pubblicazione) possono essere in ogni caso commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.

Confcommercio Brescia2024-04-29
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