Confcommercio, non serve una legge sul salario minimo
“È fondamentale sostenere la contrattazione collettiva di qualità, cioè quella sottoscritta da parte di organizzazioni effettivamente più rappresentative. Non serve una legge sul salario minimo legale”: lo ha sostenuto Confcommercio nell’audizione del 13 maggio scorso in Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato.
La Confederazione è infatti “consapevole che esiste una questione legata alla necessità di garantire ai lavoratori una retribuzione dignitosa e proporzionata, in linea con i principi sanciti dall'articolo 36 della Costituzione e nel quadro delle recenti direttive europee”. Tuttavia, secondo il vicepresidente di Confcommercio con incarico alla contrattazione collettiva Mauro Lusetti, “tale dibattito spesso non tiene in adeguata considerazione la realtà del sistema attuale”.
Per Confcommercio poi, la mancata attuazione dell'articolo 39 della Costituzione ha storicamente affidato la garanzia della retribuzione “proporzionata e sufficiente” alla contrattazione collettiva. Tale architettura ha favorito un sistema di “sindacalismo di fatto” caratterizzato da una proliferazione incontrollata di contratti collettivi nazionali (più di mille), inclusi quelli sottoscritti da organizzazioni scarsamente rappresentative, che prevedono trattamenti economici e normativi al ribasso.
“Tali criticità - ha concluso Lusetti - difficilmente potranno essere risolte dalle normative specifiche sul salario minimo oggetto dell’audizione odierna. Al contrario, Confcommercio suggerisce che la soluzione risieda in norme di legge che abbiano come fine quello di sostenere una contrattazione collettiva di qualità, sia per fattori normativi che economici, che sia negoziata e sottoscritta da organizzazioni effettivamente più rappresentative”. È necessario, quindi, “un intervento normativo mirato a rafforzare la qualità e la rappresentatività della contrattazione collettiva come via principale per garantire retribuzioni adeguate e contrastare il dumping salariale nel sistema italiano”.