26Marzo2025

Presidente Sangalli: "Serve diplomazia commerciale per arginare i dazi"

Vino, olio, ma anche formaggi e verdura. A causa dei dazi che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dovrebbe varare dal 2 aprile, potrebbero aumentare i prezzi in seguito a una diminuzione della loro commercializzazione negli Usa. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha lanciato il suo allarme sulle «nuove nubi che sembrano addensarsi all'orizzonte, portatrici di protezionismi immotivati e di chiusura dei mercati» e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti gli ha fatto eco. In Italia tante piccole e medie aziende soprattutto in Sardegna, Puglia, Campania e Calabria esportano più del 30% dei loro prodotti negli Usa, quindi potrebbero trovarsi in seria difficoltà. Sarà dunque la casalinga che va al mercato a pagarne subito le conseguenze? In attesa di questa ora zero del commercio estero, abbiamo intervistato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.

Che effetto avranno i dazi di Trump sulla spesa quotidiana?

«In due parole: maggiori costi. Direi che i dazi di Trump avranno sicuramente un impatto, ma molto dipenderà dagli altri attori commerciali mondiali. All'orizzonte c'è il se rio rischio di una guerra tariffaria che potrebbe rendere il mondo più povero e allora lo saremmo anche noi italiani. Penso, però, che il percorso corretto sia negoziare, negoziare, negoziare. Bisogna intraprendere la via di un'intelligente diplomazia commerciale, peraltro già al lavoro, per raggiungere accordi ragionevoli. In tre parole, sui dazi bisogna avere attenzione, preoccupazione e visione».

Quali saranno i prodotti più colpiti?

«I dazi già entrati in L'impatto dei dazi, se fossero calmierati, sarà modesto vigore colpiscono acciaio, alluminio e prodotti che li contengono e poi, dal 2 aprile, verranno aumentati quelli su alcuni prodotti alimentari. Anche l'occupazione potrebbe essere penalizzata. Faccio un esempio: se sono una piccola impresa italiana che produce ed esporta mestoli di metallo negli Usa è possibile che, a causa delle più alte tariffe, si riducano gli ordinativi e io debba ridurre la produzione e licenziare. Penso, tuttavia, che per quanto riguarda prodotti di fascia alta, appartenenti a quello che chiamiamo Sen se of Italy, cioè prodotti che suscitano emozioni uniche e non riproducibili, l'impatto potrebbe essere modesto. Ma nessuno ha la "sfera di cristallo" degli indovini».  

Cambieranno le nostre abitudini per quanto riguarda riscaldamento, pasta, carne e latte? 

«Non credo. L'unica vera e grande preoccupazione riguarda l'energia. Per il momento, non mi pare che all'ordine del giorno della Commissione europea ci sia l'ipotesi di aumentare le tariffe sull'importazione di gas naturale liquefatto, per intenderci quello che usiamo anche per cucinare e riscaldarci. Sarebbe davvero un autogol. Quindi continueremo a importare quelle materie prime energetiche allo stesso prezzo di oggi. È necessario, però, esplorare la possibilità di fare accordi con altri partner internazionali, come si sta pensando di fare, per avere gli stessi prodotti a prezzi più convenienti».

Il calo delle esportazioni potrebbe portare un abbassamento dei prezzi?

«Questo ci riporta alla prima domanda. Se si scatenasse una guerra commerciale, prima i prezzi aumenterebbero, poi ci sarebbe una riduzione del volume di commercio mondiale, quindi meno consumi con inevitabili effetti recessivi seguiti da una probabile riduzione generalizzata dei prezzi. Sarebbe uno scenario che tenderei a escludere perché apocalittico. Scenario, peraltro, che non gioverebbe a nessuno».

L'aumento delle materie prime farà aumentare quali prezzi?

«Nell'ipotesi molto remota di un'impennata dei prezzi delle materie prime, l'aumento del costo dei carburanti si estenderebbe a tutti e i prodotti, a cominciare dagli alimentari che consumiamo ogni giorno, soprattutto i freschi come frutta e verdura. È già capitato in passato. Qui avremmo un effetto inflazionistico concreto sull'aumento del cosiddetto "carrello della spesa"».

E se l'Europa prenderà delle contromisure?

 «I dazi, storicamente, fanno più male a chili impone che a chi li subisce. Non credo che la nuova amministrazione Usa voglia scatenare una guerra commerciale. Per il momento abbiamo solo annunci e speriamo che rimangano tali. Tra l'altro, nei confronti dell'Europa, il saldo esportazioni meno importazioni di tutti i beni e di tutti i servizi è di circa 50 miliardi di dollari degli americani (circa 46 miliardi di euro, ndr). Cioè circa lo 0.2% del loro Pil che vale oltre 29 mila miliardi di dollari (circa 27 mila miliardi di euro, ndr). L'effetto sarà, forse, quello di una probabile diminuzione delle esportazioni, ma sicuramente aumenteranno i prezzi per i consumatori americani con un vero effetto boomerang. Quindi, ripeto, fatico a capire fino in fondo le ragioni di questi dazi».

Negli Usa pare abbiano fatto incetta di prosecco e bollicine made in Italy. Noi riusciremo a trovarne?

«Sembra effettivamente esserci un aumento delle esportazioni di prosecco perché grossisti e dettaglianti in America vogliono avere il prodotto disponibile prima dell'entrata in vigore dei nuovi dazi il 2 aprile. Ma vorrei rassicurare tutti i consumatori, compresi gli appassionati di bollicine, che continueranno a trovare regolarmente gli ottimi prosecco e Franciacorta».

Confcommercio Brescia2025-04-30
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